I bambini che frequentano la prima elementare, provenendo da una scuola per l’infanzia, in cui abbiano frequentato almeno l’ultimo anno, conoscono già molte cose che facilitano loro l’apprendimento dell’alfabeto e dei numeri. In genere non sanno ancora leggere, ma hanno una buona dimestichezza con tutte le lettere dell’alfabeto scritte in stampatello; riconoscono e scrivono lettere e numeri e alcuni hanno anche imparato a leggere l’ora. Sanno riconoscere il variare delle stagioni e collegano il nome giusto alla stagione giusta. Spesso sanno a memoria la corretta sequenza dei giorni della settimana e dei mesi dell’anno, della maggior parte dei quali sanno anche dire che cosa succede, da un punto di vista della stagionalità. Hanno un’idea generale dei concetti di “tanto” e “poco”, “pesante” e “leggero”, “vecchio” e “ giovane”, “davanti” e “dietro”, “sopra” e “sotto” e di altre parole che esprimano dei “contrari”. Sanno eseguire giochi con una logica sequenziale; sanno ricomporre figure a partire da pezzi di “puzzle”; sanno distinguere, a grandi linee, le figure geometriche più frequenti, attribuendo ad ogni figura il giusto nome (cerchio, quadrato, sfera, …) e via discorrendo.
Alcuni bambini, invece, queste cose non imparano a farle o le imparano parzialmente: per esempio non riescono a riconoscere lettere e numeri né, tantomeno, a leggere l’ora. Devono guardare gli altri bambini per poter portare a termine la sequenza di un gioco, di un disegno o di una costruzione; sembrano “confondere” i concetti contrari, per cui “sopra” viene interpretato come “sotto” e viceversa, e via di seguito. Tuttavia, sotto altri aspetti, appaiono svegli, brillanti, intelligenti, gioiosi; magari sanno disegnare bene, hanno ritmo musicale, corrono veloci… insomma sembrano assolutamente normali in tante cose, ma stentano ad entrare in sintonia con quelle tematiche che diventano poi fondamentali alla scuola elementare, cioè le lettere e i numeri!
Se queste difficoltà vengono sottovalutate dalle maestre, a partire proprio dalla scuola per l’infanzia e poi alle elementari e anche dai genitori e/o interpretate come “scarso interesse”, in vista di una “maturazione del bambino, si corre il rischio di sottovalutare quegli indicatori che, prima ancora di poter fare una diagnosi accurata, sono utili a ipotizzare o ad escludere la presenza di qualche difficoltà di apprendimento del bambino.
Secondo noi, lo “scarso interesse” di un bambino per una certa cosa, laddove gli altri bambini mostrano invece interesse, non dovrebbe essere sottovalutato, soprattutto se accompagnato da “malavoglia” da “resistenza” e/o da tentativi del bambino di “scappar via”, non solo dalle lettere e dai numeri, ma anche, magari, dai giochi, sia al banco che negli spazi più ampi. Potrebbe infatti trattarsi di una difficoltà di lettura non solo delle lettere e dei numeri, ma anche, per così dire, “del mondo che lo circonda”.
Che fare quando un bambino presenta difficoltà di lettura?
Chiedere alle maestre della scuola per l’infanzia di osservare il bambino nelle varie attività di lavoro e di gioco e di riferire eventuali sospetti, rispetto al comportamento del bambino nei diversi momenti e contesti della giornata.
Se i sospetti sono seri, contattare un centro che si occupi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e chiedere una valutazione di quegli elementi che, già intorno ai 4-5 anni (ma spesso prima ancora!) sono predittivi di ciò che, in genere, si scopre poi alle elementari. Un operatore attento, Psicopedagogista, Psicologo, Neuropsichiatra o Logopedista è certamente in grado di identificare i precursori di ciò che può condurre alla successiva diagnosi di Difficoltà di lettura, di Dislessia, di Disortografia, di Disgrafia, di Discalculia, in una parola di un DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento).
Ha senso anticipare la diagnosi prima possibile?
Gli attuali test che permettono di fare una diagnosi accurata di come un bambino “funziona” durante l’apprendimento scolastico, vengono somministrati verso la fine della seconda elementare. Attualmente non esistono test validati che permettano di fare diagnosi accurata, valida ai fini scolastici, prima di quell’età.
Tuttavia ha molto senso individuare prima possibile, i precursori di quella che sarà la diagnosi, anzi è estremamente importante, sia sul piano didattico che sul piano emotivo non solo del bambino, ma anche dei genitori e degli insegnanti. Una diagnosi precoce permette di aiutare il bambino a superare le difficoltà, mentre una diagnosi tardiva va ad inficiare fin dalla prima elementare i rapporti fra bambino e docenti, bambino e genitori, genitori e docenti, con aumento di ansia, rabbia, sentimenti di impotenza, di inadeguatezza, di frustrazione e di pessimo umore.
Una diagnosi precoce permetterà anche di prevenire, nel bambino, disturbi dell’’identità, dell’autostima e dell’idea di sé, che potrebbero svilupparsi negli anni se le evidenze cliniche di un DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento), vengono trascurate.
Se questo è già successo o sta succedendo, è possibile comunque correre ai ripari?
Sì. Per “correre ai ripari” può essere utile, anche in età adulta, fare un Inquadramento psicodiagnostico per capire da quali disturbi si è stati accompagnati nella propria vita, anche se mai capiti da nessuno. Questo permette, infatti, di comprendere il significato di certi comportamenti del passato, magari di tipo “difensivo”, che una persona può avere messo in atto senza accorgersi; ma soprattutto può aiutare la persona ad alleggerirsi dei sensi di colpa accumulati nel tempo. Spesso, infatti, un adulto portatore di un disturbo della lettura e/o dell’Apprendimento, ha sviluppato negli anni una sorta di “irrequietezza continua”, di “ansia generalizzata”, di “umore ballerino” che possono essere affrontati e stemperati con un breve percorso di psicoterapia mirata.