Alcuni disturbi sono legati a forme patologiche in atto, risolte le quali, anch’essi passano. In questo caso non possiamo parlare di quadri morbosi specifici, tali da essere classificati fra i disturbi del comportamento alimentare, ma di forme passeggere, che, per quanto possano essere tali da non dover essere trascurate, tendono comunque ad una risoluzione spontanea e/o strettamente connessa con la patologia principale.
Pensiamo ad una forma influenzale in cui il soggetto “perde la fame”, giusto per fare un semplice esempio. O a un dolore acuto e improvviso per la perdita di una persona cara o per una separazione coniugale o per un trasferimento inatteso… ovvero a tutte quelle situazioni che possono “far passare la fame”.
D’altra parte ci sono anche situazioni più o meno “passeggere” che, invece, a qualcuno fanno “aumentare la fame” , come ad esempio, certe forme d’ansia incombenti, tali per cui, magari semplicemente per “calmare l’ansia”, si mangia con maggior impeto oppure quei casi in cui, per far fronte ad una sensazione di vuoto, ci si “colma di cibo”… .
Altri quadri, invece, più complessi e duraturi e generalmente accompagnati da una sintomatologia “tipica”, come, per le femmine, l’amenorrea che si protrae per oltre 3 mesi, la perdita continua di peso, l’apparizione di pensieri stereotipati, prevalentemente legati al cibo, al corpo, al peso, la dispercezione corporea, cioè, ad esempio, il vedersi allo specchio in una forma diversa da quella reale e altri sintomi riconosciuti come ricorrenti, vengono classificati come quadri morbosi peculiari e costanti che devono essere, pertanto, classificati come disturbi autonomi. Sono i casi che il Manuale Diagnostico e Statistico detto DSM, classifica come Anoressia nervosa, Bulimia Nervosa, NAS (Non Altrimenti Specificato) di cui i più noti sono ben descritti più sotto.