Terapia Ossessioni Bergamo
La parola ossessione deriva dal latino obsidere, che significa assediare, bloccare, occupare. Essa ben descrive la condizione di chi si sente assediato da qualcosa di apparentemente estraneo, bloccato del flusso normale dei pensieri, costretto, senza poterlo evitare, ad atti, idee, immagini, impulsi che, in modo ricorrente e ripetitivo, lo obbligano indefinitamente ad azioni mentali o pratiche cui non riesce a sottrarsi.
Le ossessioni si presentano nella forma di pensieri, idee, immagini mentali o impulsi che insorgono improvvisamente nella mente di una persona e di cui spesso il soggetto non capisce l’origine, quasi come se si instaurassero nella mente da soli. Oltre a dare grave malessere, essi disturbano e mettono la persona a disagio, in quanto sono persistenti, apparentemente slegati dal normale flusso di pensieri e, spesso, distanti dalla realtà di quel momento.
Compulsioni
Sono costrizioni, cioè tendenze coercitive e irrazionali, che spingono un individuo a comportarsi in un certo modo, che viene riconosciuto dalla persona stessa come inutile e inadeguato.
La compulsione, anche detta coazione richiede che l’individuo la agisca, cioè la esegua, pena, per l’individuo, l’irruzione violenta di angoscia.
Ossessioni e Compulsioni
Quando un’ossessione si presenta in una forma tale per cui c’è anche un impulso ad agire, si parla allora di ossessioni e compulsioni.
Chi fa questo tipo di esperienza si ritrova spesso a pensare all’insensatezza di questo tipo di pensieri, di idee, di immagini o di impulsi e ne riconosce l’irrazionalità. Tuttavia si trova in condizione di non riuscire a gestirne l’afflusso.
Se poi si tratta di qualcosa di particolarmente negativo, il soggetto può anche spaventarsi molto e non riconoscere quei fenomeni come appartenenti a se stesso, cosa che può determinare in quella persona una destabilizzazione più o meno importante.
Aldo, mentre stava uscendo dal suo ufficio, si ritrovò all’improvviso pervaso dal pensiero: “Se non chiudo bene tutte le porte e le finestre succederà qualcosa di imprevedibile”. Aldo tornò indietro e fece il controllo di porte e finestre che, in cuor suo, sapeva benissimo di aver chiuso con attenzione.
La prima volta che questo fenomeno apparve, egli non gli diede molta importanza, poi, quando questo pensiero cominciò ad insinuarsi ogni volta che usciva dallo studio anche solo per bere un caffè, costringendolo a tornare indietro, a controllare porte e finestre, non una, ma più volte di seguito e più volte al giorno, si rese conto che la sua vita lavorativa e di relazione cominciava ad essere compromessa. Stava male ogni volta che doveva prendere un appuntamento con qualcuno, perché temeva di arrivare in ritardo, visti i controlli compulsivi cui si sentiva costretto. Questo fenomeno lo imbarazzava a più livelli, in quanto, oltre a non capire che cosa gli stesse succedendo,
Aldo non si riconosceva più nella persona che sembrava essere diventato: arrivava in ritardo, lui, che era sempre stato puntualissimo e precisissimo!
Un collega di lavoro lo accompagnò da noi. Venne al nostro Centro poco motivato, più che altro per compiacere il collega, convinto che nessuno avrebbe potuto aiutarlo. Era molto imbarazzato, si vergognava a raccontare ciò che gli stava succedendo, si sentiva uno stupido, perché si rendeva conto perfettamente della discrepanza esistente tra la sua capacità cognitiva razionale e l’irrazionalità di certi pensieri e delle azioni che vi facevano seguito. La prima cosa che lo tranquillizzò fu sapere che i fenomeni che succedevano a lui, succedevano anche ad altri; ebbe la certezza di non essere matto né stupido e che non si trattava di una questione di intelligenza, ma che, probabilmente, aveva a che fare con un certo tipo di funzionamento emotivo e relazionale. Questo discorso gli parve difficile all’inizio, ma accettò di affrontare un breve percorso terapeutico con uno psicoterapeuta esperto di ossessioni e compulsioni, focalizzato sui fatti concreti che gli succedevano. Sapere che non doveva parlare troppo di sé e che poteva concentrarsi su ciò che gli stava accadendo, fu un sollievo per lui, per cui accettò la cura. Scoprì cose interessanti del suo modo di mettersi in relazione con gli altri e, in 6 mesi, fu in grado di gestire abbastanza bene le ossessioni ricorrenti e le compulsioni ad agire.
Che cos’è il Disturbo ossessivo compulsivo? Quali sono i sintomi?
Quando ossessioni e compulsioni hanno luogo per un tempo sufficientemente lungo (qualche settimana), sono apparentemente slegate dall’andamento quotidiano della vita ed emergono con un crescendo progressivo in intensità e malessere, probabilmente siamo in presenza di un Disturbo ossessivo compulsivo (in sigla DOC).
Esso è considerato un disturbo patologico complesso che i manuali di psicologia e di psichiatria, benché attraverso definizioni diverse, riconoscono come un disturbo d’ansia.
È un disturbo che può presentarsi in diverse fasce d’età, dall’infanzia all’età adulta e tardo-adulta e che assume significati diversi, in base ad una serie di variabili: il contesto in cui si manifesta, la storia personale ed emotivo-relazionale della persona, l’età del soggetto e altre ancora.
I sintomi attraverso cui si manifesta sono, primariamente, le ossessioni e le compulsioni, spesso accompagnate da qualche altro disagio, dovuto per esempio a disturbi del sonno, ansia e agitazione, difficoltà ad affrontare il lavoro o le azioni quotidiane, stanchezza, paura di impazzire, disturbi psicosomatici, ipocondria (paura di avere una malattia o più di una), ecc.
Come si cura un disturbo ossessivo compulsivo?
Essendo un disturbo d’ansia, esso va affrontato in una logica di ricerca della fonte dell’ansia.
Per fare questo è necessario parlare con la persona, capire insieme a lei come si muove nel mondo, come si relaziona con la gente, con gli oggetti e nelle diverse situazioni , per indagare se vi siano elementi che facciano pensare a cause o eventi precipitanti. Questo può avere luogo solo con colloqui psicologici e/o psichiatrici clinici.
La psicoterapia permetterà in seguito di approfondire tutti quegli aspetti che hanno a che fare con le modalità disfunzionali del paziente, laddove esse si siano manifestate in relazione a eventi scatenanti, all’interno dei colloqui clinici e nell’elencazione dei sintomi, da parte del paziente stesso e/o di chi lo accompagna.
A volte può essere utile anche un supporto farmacologico, soprattutto quando l’esordio sia stato improvviso e destabilizzante e/o quando la persona sia particolarmente provata. In casi come questo la farmacoterapia, come coadiuvante della psicoterapia, può aiutare il soggetto ad affrontare con maggior serenità l’irruenza improvvisa dei sintomi e la relativa intrusività.
Importanza della diagnosi
Prima viene riconosciuto il Disturbo ossessivo compulsivo e prima lo si affronta, migliori sono i benefici di cura. Essendo un disturbo su base ansiosa, infatti, esso tende a cronicizzare se non curato in tempo.
Nel nostro Centro ci occupiamo da anni di questo genere di disturbo e siamo in grado, già in una seduta, di individuare alcuni elementi che possano essere immediatamente utili al soggetto per inquadrare il suo disturbo e i relativi sintomi.
Non esitate a contattarci, la prima seduta è gratuita e potrete già trarne giovamento.
Non aspettate di stare troppo male, chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento: la prima consultazione non vi costa nulla.
Come curare un bambino che esprima un disturbo ossessivo compulsivo?
I bambini, in genere, sono come le cartine di tornasole e danno indicazioni molto precise su come funziona una famiglia, nel senso che, come la cartina di tornasole è in grado di darci indicazioni circa i livelli di acidità e di basicità di un composto, allo stesso modo un bambino con sintomi ossessivi e compulsivi, che non abbia in atto altre patologie organiche, è in grado di darci indicazioni sui livelli di ansia presenti in famiglia.
Bisogna quindi escludere che il bambino abbia in corso una patologia organica, ragione per cui, se i genitori sono improvvisamente preoccupati per l’esordio di qualche sintomo non presente prima, noi suggeriamo di portarlo in prima visita dal suo pediatra. A volte, infatti, soprattutto in fase prepuberale, un’ infezione batterica, ad esempio da streptococco, che nulla ha a che vedere con il disturbo ossessivo compulsivo o simili, può dare però una sintomatologia che allerta i genitori e che può presentarsi sotto forma di movimenti ripetitivi e strani, di iperattività motoria, cui si può accompagnare un abbassamento del rendimento scolastico. A maggior ragione quindi va approfondita l’indagine clinico-medica, laddove, apparentemente, in famiglia non vi sono motivi per pensare che il bambino stia passando un periodo di ansia particolare, legata a fatti familiari.
Escludere, dunque, eventuali altre cause organiche, è, abbiamo detto, il primo passaggio d’obbligo che i genitori devono fare; dopo di che, si può allora entrare nel merito della sintomatologia espressa dal bambino, cercando di comprenderla in chiave psicologica.
Se una famiglia è sempre in ansia, è più facile che lo sia anche un bambino. La comparsa di sintomi di tipo ossessivo e compulsivo potrebbero essere, allora, l’espressione evidente dei vissuti del bambino all’interno di quella famiglia.
Se una famiglia, invece, sta solo passando un periodo difficile e traumatico e l’ansia, che prima non era così frequente e invasiva, è ora invece sempre presente, allora bisogna tenerne conto, perché essa potrebbe essere verosimilmente legata agli eventi storici contingenti e quindi, probabilmente, risolvibile in tempi più brevi.
Alle luce di quanto detto sopra, appare chiaro quindi che, perché un bambino in preda ad ossessioni e/o compulsioni o con un disturbo conclamato più grave, possa giovarsi di miglioramenti, bisogna che ci si prenda cura dell’intero nucleo familiare.
Più il soggetto è piccolo, maggiori sono le probabilità che la sintomatologia scompaia. L’importante è non perdere tempo, ma affrontare con determinazione e con costanza un percorso terapeutico orientato alla comprensione dei fenomeni in atto.
Se viene preso in cura tutto il nucleo familiare, il bambino starà subito meglio.
Nel nostro Centro siamo in grado di offrire percorsi di cura che possano coinvolgere l’intera famiglia senza diventare troppo impegnativi e onerosi.
Di comune accordo con i soggetti, che desiderino essere presi in carico, verranno fatte valutazioni specifiche, orientate al raggiungimento di obiettivi definiti e controllabili, affinché non solo i terapeuti, ma anche i pazienti, siano in grado di monitorarne l’andamento.
Terapeuta e paziente insieme oppure terapeuti e nucleo familiare insieme, costituiscono, secondo noi, la forza di lavoro necessaria ad uscire dalle fasi acute della varie forme di Disturbo ossessivo compulsivo e ad arrivare alla comprensione della sintomatologia.
Disturbo ossessivo compulsivo e rituali
I rituali sono azioni mentali e/o comportamentali che, in genere, si manifestano in risposta alle ossessioni e che, per certi aspetti, rappresentano un tentativo di cura dell’ossessione stessa. Lavare le mani con frequenza maniacale, per non correre il rischio di essere infettati da qualcosa, è un esempio di rituale che, nel momento in cui viene attuato, dà sollievo al soggetto, ma a lungo andare, rende il problema più complesso e ne impedisce la soluzione.
In altri casi il rituale si manifesta più sotto forma di un pensiero o di una sequenza di pensieri in risposta ad uno stimolo ossessivo.
Marina, dopo più di un anno di cura, finalmente riuscì a svelare alla sua terapeuta, e a se stessa, la sequenza di pensieri da cui le capitava di essere ancora pervasa. Nonostante dichiarasse di sentirsi sciocca e, per un certo periodo avesse temuto di impazzire, raccontò che le era capitato tempo addietro, di fare fantasie malefiche su qualcuno, dopodiché, per evitare il castigo divino, si metteva a recitare una lunga lista di preghiere. A parte la fatica di star dietro ad un rituale così articolato e complesso, che, nel tempo, si era sempre più complicato, c’era il vero problema che la attanagliava: Marina non poteva intraprendere amicizie né conoscenze, perché parlare con le altre persone le avrebbe impedito di iniziare il suo rituale, nel momento in cui le fosse arrivato il pensiero malefico. Considerava il luogo della terapia l’unico luogo protetto, in cui, se anche tale pensiero si fosse insinuato, sarebbe risultato inefficace. E, con questa premessa, riuscì ad affrontare finalmente il suo pensiero malefico.
Si guarisce dal disturbo ossessivo compulsivo?
Nella maggior parte dei casi il disturbo ossessivo compulsivo, le ossessioni e le compulsioni hanno a che fare con il modo di funzionare di una persona. Un modo che si è organizzato e strutturato nel soggetto che ne è portatore, all’interno di un certo contesto familiare e ambientale, a volte in anni, altre volte in decenni.
Questo comporta che, più una persona è giovane, maggiori sono le probabilità di remissione completa del disturbo. Trattandosi, tuttavia, di un disturbo su base ansiosa, che, come già detto, è condizionato molto anche dall’ambiente in cui il soggetto vive, se le condizioni ambientali non cambiano e il soggetto continua a vivere in quell’ambiente per lui molto a rischio, i sintomi, verosimilmente, torneranno ben presto a ricomparire.
Intervenire con processi di cura su una persona adulta, magari con una personalità fortemente strutturata e organizzata, è certamente possibile, a condizione che si operi con una maggior gradualità, perché la persona, verosimilmente, presenterà caratteristiche di maggior rigidità. Infatti, nonostante possa accusare gravi sofferenze, per la presenza di un disturbo ossessivo compulsivo, magari anche molto ingombrante, e dichiari con forza di voler star meglio, con altrettanta forza opporrà resistenza al fatto di mollare le sue tensioni interne. Come se la persona fosse combattuta, a sua insaputa, da forze sconosciute e contrarie.
Pertanto, affrontare un percorso terapeutico con una persona adulta, significa lavorare in un’ottica più orientata alla gestione dei sintomi, piuttosto che alla loro totale scomparsa.
Fattori che possono favorire la cura di un Disturbo ossessivo compulsivo
I fattori che predispongono il soggetto a sfruttare al massimo le condizioni di cura sono generalmente le seguenti:
- la capacità di accettare di avere un disturbo
- la disponibilità ad affidarsi all’équipe curante
- l’umiltà di riconoscere di essere meno perfetti di quanto si pensasse
- la capacità di elencare i propri difetti
- il desiderio di sperimentare suggerimenti e consigli comportamentali
- la disponibilità a mettere in discussione credenze e principi che si siano evidenziati disfunzionali (ad esempio il principio “una cosa o la si fa bene o non la si fa!”. Non avete mai pensato che potrebbero esserci altre possibilità?)
- il coraggio di essere meno rigidi
- il coraggio di accettare critiche senza sentirsi andare in frantumi
Ci capita di incontrare persone che, nonostante una diagnosi e una prognosi iniziali un po’ “pesanti”, traggono invece vantaggi e giovamenti inaspettati ed evidenti, in poco tempo, dall’inizio della psicoterapia.
Ci sembra di poter dire che si tratta di persone che, nonostante il Disturbo e nonostante una certa rigidità di pensiero, forse perché hanno a che fare con abitudini di vita e/o condizioni lavorative in cui sono obbligate ad usare le proprie competenze intellettive per analizzare situazioni e/o per risolvere problemi o forse perché sono abituate a dover far fronte quotidianamente a situazioni varie e imprevedibili, nonostante negli anni abbiano accumulato ansia e sintomi, hanno comunque mantenuto parti di sé inaspettatamente elastiche, cosa, questa, che facilita enormemente i processi di cura.
Se vi sentite fra le persone appena descritte, sappiate che potreste avere buone speranze di miglioramenti, in caso vi trovaste in preda ad un Disturbo ossessivo compulsivo. Potreste giovarvi molto di un percorso mirato di psicoterapia, eventualmente coadiuvato da un supporto farmacologico.
Vi sconsigliamo, invece, di affidarvi solo ai farmaci, in quanto, in base alla nostra esperienza, possiamo garantirvi che non è sufficiente: il disturbo riapparirebbe non appena abbandonaste i farmaci, in tutta la sua intensità ed irruenza e la sensazione di impotenza, di perdita di speranza e di mortificazione, che rischiereste di sperimentare, sarebbero davvero brutali.
Venite a trovarci se avete dei dubbi! Saremo in grado di dirvi, in tempi brevi, come funziona la vostra personalità, rispetto all’essere portatori di un disturbo ossessivo compulsivo.
La prima consultazione per un colloquio conoscitivo e di inquadramento diagnostico è gratuita.
Chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento.
Ma, soprattutto, non aspettate di stare troppo male, né lasciate passare troppo tempo, è peggio.
Fattori che ostacolano la cura di un disturbo ossessivo compulsivo
Spesso una persona con un disturbo ossessivo compulsivo è portatrice, a sua stessa insaputa, di una grossa ambivalenza:
- da una lato ci chiede di essere curata quanto prima; anzi, più sta male, più si dichiara disponibile a mettersi in cura;
- dall’altro, paradossalmente, fa fatica ad accettare le cure e ad affidarsi a chi si prende cura di lei
Perché succede questo? Perché, come abbiamo già accennato sopra, una persona con un disturbo ossessivo compulsivo, da un punto di vista generale, è una persona che funziona in modo un po’ rigido; pertanto qualsiasi cambiamento rischia di mandarla fortemente in crisi; perciò se, da un lato, vorrebbe cambiare perché sta troppo male, dall’altro non riesce ad affidarsi ai curanti, cioè a chi potrebbe, insieme a lei, rendersi artefice di quei cambiamenti necessari a star meglio.
Che fare? Per ovviare a questi ostacoli e per mettere le persone che si rivolgono a noi, in condizione di poter essere i primi artefici dei cambiamenti auspicati, facendo in modo che esse stesse, in prima persona, possano, per così dire, tenere il controllo di ciò che vanno maturando, noi proponiamo, nel nostro Centro, percorsi per obiettivi, che siano raggiungibili, visibili e monitorabili dai pazienti stessi.
La nostra esperienza ci rende sicuri nella verifica dei processi terapeutici e rassicura i pazienti che ci chiedono la presa in carico.
Perché nei giovani il disturbo ossessivo compulsivo è più facilmente risolvibile?
Se una persona è giovane e si mette in cura, è più facile che riesca ad affrontare il disturbo in tempi abbastanza brevi: con l’aiuto di uno psicoterapeuta e, se necessario, di un supporto farmacologico, il disturbo può essere affrontato e ridimensionato o, almeno, diventare assolutamente gestibile.
Questo avviene perché una persona giovane è più propensa ad accettare cambiamenti e/o vi si adatta con meno fatica di un adulto. Pertanto, laddove un adulto può provare molta ansia quando deve abbandonare modalità comportamentali e rituali abitudinari e stereotipati, ma consolidati negli anni che, benché disfunzionali, fanno comunque ormai parte del suo modo di vivere e di muoversi nel mondo, un giovane fa molto meno fatica ad andare incontro a cambiamenti del suo modo di essere, poiché il suo pensiero e i suoi comportamenti sono ancora sufficientemente elastici.
Quindi intervenire in tempo, significa intervenire prima che la struttura dei pensieri ossessivi e delle compulsioni ad agire, diventi parte significativa della personalità di un soggetto. Più il soggetto è avanti negli anni, più è difficile sradicarla.
Pertanto laddove il Disturbo Ossessivo Compulsivo e le Ossessioni si siano instaurate da molti anni, la terapia rischia di protrarsi più in là nel tempo! Ragione per cui noi consigliamo a tutti coloro che sono portatori in questo momento di un disturbo ossessivo compulsivo, di non aspettare altro tempo a mettersi in cura, perché il tempo che passa non risolve nulla, anzi, generalmente peggiora la sintomatologia.
Con questo genere di disturbi la prognosi (in questo caso è l’andamento nel tempo del disturbo e la prospettiva di guarigione) e gli obiettivi della terapia sono strettamente connessi:
- più un soggetto è giovane, più si punterà a far scomparire i sintomi
- più sale l’età, più è utile orientare la terapia verso una miglior gestione dei sintomi
Ossessioni e compulsioni: il rovescio della medaglia
Le persone che esprimono modalità di funzionamento di tipo ossessivo sono spesso, bisogna dirlo, degli ottimi organizzatori.
Sono persone che, nonostante si presentino piuttosto pignole e meticolose, sono però molto precise, ordinate, capaci di controllare una quantità di situazioni, sia lavorative che familiari.
Il difetto sta nel fatto che questi individui tendono ad essere molto rigidi, a non riuscire a fidarsi degli altri, ad avere la necessità di tenere tutto sotto controllo e, pertanto, non riescono a farsi aiutare dagli altri. Ciò comporta, come primario svantaggio, l’apparente mancanza di quell’elasticità che serve a vivere in modo meno ansioso, per cui il risultato è che, ciò che potrebbe essere un pregio, diventa un difetto, con cui anche i familiari e gli amici si trovano a doverci fare il conto.
Al lavoro tendono a non delegare mai alcun compito ai sottoposti o ad altri e a farsi carico in prima persona non solo di tutti quegli aspetti che ritengono di loro stretta competenza, ma anche di parti marginali che temono, altrimenti, vengano svolte male.
In famiglia tendono a voler decidere e a controllare le varie situazioni e sentono la necessità di doversene far carico.
L’impegno che certe persone profondono in ciò che fanno (indipendentemente dal fatto che si possa o non, condividerne il senso), è spesso un impegno che comporta, per la persona che ne è artefice, un elevato dispendio di energie.
Non è raro che queste persone accusino mal di testa, specie in fine di settimana, disturbi a carico del sistema gastro-intestinale o altre forme di origine psicosomatica.
Perché insorge un disturbo ossessivo compulsivo?
Non esistono conoscenze sufficienti a determinare quali possano essere le cause dell’insorgere di un Disturbo ossessivo compulsivo. Piuttosto sarebbe meglio parlare in termini di fattori di rischio.
E’ possibile che, già nella prima infanzia, una persona che si sia trovata catapultata in situazioni complesse, in cui possa aver sperimentato livelli di ansia molto forti o aver provato momenti di angoscia profonda e aver temuto di perdere il controllo di ciò che stava succedendo, abbia messo in atto strategie difensive che le permettessero di tollerare l’ansia.
Sulla base di questa ipotesi, l’allora bambino, grazie alla messa in atto di comportamenti di tipo difensivo, allo scopo di controllare, per quanto possibile, una situazione di incertezza e per tamponare l’incombere dei sensi di colpa ad essa collegati, avrebbe trovato il modo, là e allora, di sopravvivere al meglio nel marasma dell’instabilità.
Potrebbe avere messo in atto rituali, pensieri magici o di tipo superstizioso, religiosi e simili, necessari, in particolare allora, ad aiutare il bambino a tenere sotto controllo le vicende della sua quotidianità.
Se andiamo avanti con questa ipotesi e immaginiamo che nessun adulto sia intervenuto a rassicurare il bambino, ad accogliere le sue ansie, a tranquillizzarlo e ad alleviarlo dal malessere persistente e dai sensi di colpa, i comportamenti sopra descritti potrebbero essersi incistati ed aver così costituito il nucleo originario sulla base del quale, magari successivamente, si sarebbe originato un disturbo vero e proprio.
Enrico, 8 anni ci venne portato dalla mamma che lo vedeva spesso fare giochi ripetitivi e per lei incomprensibili. Riuscimmo a capire che, da quando, due anni prima, era nato il fratellino, Enrico aveva paura di perdere l’amore della mamma. Aveva avuto inizialmente aperte manifestazioni di odio verso il piccolo, subito represse dalle sgridate autoritarie del padre e dalla rigidità della madre. Nessuno dei due genitori aveva mai cercato di capire realmente cosa provasse Enrico quando dichiarava di voler “buttare il fratellino a mare”. Enrico aveva così smesso di dichiarare ad alta voce il suo odio verso il fratello, cominciando via via a chiudersi in un mondo autocentrato, in cui si limitava ad ubbidire alle indicazioni genitoriali senza però mai dare segno di fiducia e di desiderio di partecipazione. Aveva iniziato a fare giochi ossessivi, all’interno dei quali la mamma aveva individuato, dai movimenti della bocca, il fatto che il bambino parlava fra sé e sé. Inizialmente la mamma pensava si trattasse del modo tipico dei bambini di parlare con gli oggetti e i personaggi di fantasia, ma ben presto cominciò a rendersi conto che c’era qualcosa che non andava. Prendemmo in cura Enrico e ci accorgemmo che egli in realtà non giocava: era terribilmente condizionato dalla presenza del fratellino e dall’assenza della madre che, benché spesso fisicamente presente in casa, non era in grado di capire il bambino. In gergo dovremmo parlare di una madre poco empatica che credeva, a sua stessa insaputa, che fosse Enrico a dover capirla e ad adattarsi ai suoi bisogni.
Come psicosocioanalisti, andammo ad analizzare la frase di Enrico, che voleva “buttare il fratellino a mare” e scoprimmo che, dentro quella frase, pronunciata con sofferenza, c’era anche la parola “a-mare” che Enrico non riusciva più a maneggiare con pertinenza. A poco a poco il significato di “amare” si stava trasformando in qualcosa di contrario.
Quando restituimmo ai genitori il quadro clinico che avevamo scoperto e suggerimmo in particolare alla madre, la necessità di una sua presenza più efficace e più assidua, la mamma fu in grado, nonostante le sue difficoltà caratteriali oggettive, di rassicurare Enrico, di accoglierlo fra le sue braccia e di metterlo al centro della sua attenzione per un tempo quantitativamente e qualitativamente più adeguato rispetto a prima.
Tuttavia Enrico corre un rischio: quello di perdere un’altra volta l’attenzione della mamma che, essendo una persona piuttosto fragile, e tuttavia rigida, quando ha un problema personale, sente e percepisce solo se stessa. Enrico è a rischio, pertanto, di sperimentare in famiglia altre crisi d’ansia, legate probabilmente, per buona parte, a come sta e a come funziona la mamma e, per altri aspetti, a come è fatto lui. Quello che possiamo dire con una discreta certezza, è che, avendo Enrico già attuato e sperimentato nella sua giovane età, modalità difensive di tipo ossessivo, possa andare, per così dire, a ripescarle ogni volta che gli capiti di trovarsi di nuovo in una situazione di ansia elevata, in cui possa riprovare il vissuto di sentirsi da solo o abbandonato e in cui tema di perdere il controllo di ciò che gli sta succedendo. Se i genitori non saranno sufficientemente attenti e capaci di mettersi in sintonia con le emozioni del bambino e con le sue paure, il rischio che Enrico sviluppi, crescendo, modalità di funzionamento di tipo ossessivo, è alto. Stando alle statistiche, in una percentuale stimata tra il 5 e 10%, il disturbo ha un decorso gradualmente ingravescente.
Come vive e lavora una persona con un Disturbo ossessivo compulsivo?
E’ difficile poter dare una risposta esauriente: ogni individuo reagisce in maniera soggettiva ed ogni tipologia di disturbo si presenta con sfaccettature diverse per ogni persona che ne sia soggetta. Quello che si può dire è che, essendo il disturbo ossessivo compulsivo, un disturbo raramente episodico, una volta che si manifesta, nella maggior parte dei casi tende a ricomparire e, nel peggiore dei casi, a cronicizzarsi.
In caso si cronicizzi, non si deve tuttavia pensare che la persona che ne sia soggetta, debba vivere con i sintomi sempre presenti e sempre espressi. Sperimenterà piuttosto un’alternanza di fasi: alcune di miglioramento, altre di peggioramento.
Se il Disturbo ossessivo compulsivo esordisce in età giovanile, data la lunga aspettativa di vita attuale, bisogna tener conto del fatto che la persona potrebbe avere bisogno, durante la sua vita e a più riprese, di un monitoraggio terapeutico, che possa, in qualche modo, interrompere o prevenire le fasi di peggioramento.
A questo scopo, nel nostro Centro abbiamo specifici gruppi terapeutici, con obiettivi ben definiti, che servono proprio allo scopo di prevenire e/o tamponare situazioni di crisi incombenti, in modo da evitare che il paziente, durante la sua vita lavorativa, si trovi, a più riprese, a dover affrontare momenti di crisi o una fase peggiorativa, che potrebbero rischiare di destabilizzarlo.
Quando ciò succede, il soggetto in genere ha bisogno di assistenza e magari, per un certo periodo, potrebbe lavorare in modo discontinuo! Le ripercussioni di tutto ciò in famiglia, sono spesso un carico eccessivo per il coniuge e per i figli. Si può ben capire, dunque, quali possano essere, a lungo andare, i costi economico-familiari e sociali interconnessi, che interessano una persona, portatrice di un disturbo ossessivo compulsivo, la sua famiglia e il suo entourage amicale.
Per prevenire e, se possibile, evitare i momenti di crisi, che, dal nostro punto di vista, sono sempre da ritenere esperienze molto disturbanti e sgradevoli, suggeriamo di non trascurare mai quegli elementi premonitori che segnalano l’incombere di un momento difficile.
Pertanto, se avete un dubbio, parlatene con qualcuno che si intenda di Disturbi ossessivi compulsivi, perché saprà darvi delle dritte, utili a tamponare le crisi. Nel dubbio, informatevi, altrimenti vi mettete a rischio di costruirvi un’idea della vostra identità, come di qualcosa di molto fragile, rinunciando, invece, alla possibilità di rinforzare il vostro carattere, la vostra autostima e la vostra stessa personalità.
Approfondire i propri dubbi significa guadagnare in conoscenza e in sicurezza di sé. Non dovete necessariamente diventare dirigente d’impresa, se non pensate di farcela, ma almeno, prima di rinunciarvi, mettete voi stessi in condizione di poter scegliere!
Comunque, in caso di dubbio, venite a trovarci! Saremo in grado di dirvi, in tempi brevi e in caso siate portatori di un disturbo ossessivo compulsivo, come state funzionando in questo momento e come vi state ponendo rispetto al vostro futuro!
Contattateci per saperne di più, all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Oppure venite a trovarci, fissando un appuntamento al numero 380 341 77 48.
Vi daremo una risposta in tempi brevi, di cui potrete far tesoro e che vi permetterà di stare subito meglio.
La prima consultazione per un colloquio clinico è gratuita.
Non aspettate di stare troppo male, imparate a prevenire le crisi e a programmare il vostro benessere!